Cari lettori, bentornati al nostro incontro periodico di ‘Divorziati Anonimi’ dove il primo passo è riconoscere che il proprio matrimonio è arrivato al capolinea!
Oggi condividiamo la storia di un uomo, Silvio, che ha deciso di scriverci dopo aver l’articolo sul Cocooning sociale sentendo il bisogno di raccontare il suo percorso. La sua è una storia di cambiamento, di errori ammessi e di una rinascita che ci spiega come, per lui, anche in una situazione difficile derivante dal divorzio, questa sia stata la scelta migliore.
Leggere esperienze come quella di Silvio credo sia utile perché ci mostrano che, dietro ogni decisione difficile, ci sono emozioni, riflessioni e momenti che segnano un percorso di crescita personale. In questo racconto, Silvio non nasconde i suoi sbagli, ma ci parla con sincerità del momento in cui ha capito che la sua vita doveva cambiare, e di come oggi sia più sereno e abbia trovato una persona con cui condividere parte della vita.
Un ringraziamento speciale a Silvio (oltre alla tazza LIBAD che riceverà in omaggio!) per per averci regalato una prospettiva autentica e concreta su cosa significhi rinascere dopo un matrimonio che non funzionava più. Vi invito a leggere la sua storia con rispetto e attenzione nei confronti di coloro che cercano di trovare la propria strada.
E per chi ancora non l’avesse fatto, vi invitiamo a leggere anche le storie precedenti che ci hanno ispirato su tante altre tematiche: come quella di Carmelo, di Noemi, di Franco, e prima ancora di Mara.
Mi chiamo Silvio (è il mio nome vero, usatelo pure), e questa è la mia storia.
Facevo una vita normale. Lavoravo come dipendente in una delle tante aziende italiane della Bassa, senza infamia e senza lode. Mia moglie, Francesca, era impiegata in amministrazione in un’azienda di componenti elettrici. Avevamo due figli, un maschio e una femmina, bravi che non ci davano mai troppi pensieri. Si può dire che la nostra vita scorreva senza grandi scossoni: cene con gli amici, qualche weekend fuori, sesso una volta alla settimana.
Ho deciso di scrivervi dopo aver letto il vostro articolo sul cocooning sociale, perché mi ci sono ritrovato molto. Noi praticamente vivevamo per gli altri: la cerchia di amici, i compleanni dei figli, le cene. Il nostro matrimonio era una routine ben oliata, senza litigi furiosi, senza grandi slanci. Si cercava di vivere pacificamente, di sopravvivere, per meglio dire.
Eppure Francesca si lamentava sempre. Non era arrabbiata con me per qualcosa di specifico, ogni tanto accadeva anche quello ovviamente, ma no, era proprio un’insofferenza di fondo. Non era mai contenta. Sembrava vivere in attesa di qualcosa di bello per spezzare la monotonia, ma fino ad allora era triste, apatica. Io no, io non ero così. A me bastavano le piccole cose: una giornata d’autunno, il profumo della pioggia, anche stendere la lavatrice mi dava una certa soddisfazione.
Alla fine, non posso negarlo, mi sono avvicinato a un’altra donna. Era una collega di un fornitore, veniva in azienda ogni tanto per lavoro. Con lei era diverso. Amava la vita e lo dimostrava in tutto: anche un pranzo in un baretto con le tovaglie di carta diventava un momento speciale. Non avevo mai vissuto una leggerezza simile.
Quando Francesca lo ha scoperto, non ha voluto più sapere di me. Ha chiesto il divorzio, e io non ho trovato motivi per oppormi. Sapevo che quella storia tra noi non funzionava più da tempo. Ho solo lottato per poter passare la metà del tempo con i miei figli. Per me era importante esserci, essere un padre presente, trasmettere loro dei valori.
Ricordo ancora quella notte.
Stavo caricando la macchina con le ultime cose. Era tardi, faceva freddo, e tutto sembrava irreale. La casa che avevo condiviso con Francesca per tanti anni non era più la mia. Guardavo le finestre illuminate, il salotto dove avevamo passato tante serate, e sentivo un nodo in gola. Mi chiedevo se avrei mai più ritrovato la felicità. Mi son detto: “Basta, Silvio, tira dritto e bon.”
Il divorzio, dal punto di vista economico, è stato duro. Ho dovuto lasciare la casa a Francesca fino alla maggiore età dei figli, ma continuavo a pagarci il mutuo. C’era il mantenimento per lei – cosa che trovo ingiusta, visto che aveva un lavoro – e poi quello (giusto) per i ragazzi. Mi sono cercato un’altra casa, piccola, dignitosa, e per un po’ ho avuto bisogno di un prestito dai miei genitori. Li sto ripagando poco a poco.
Non è stato facile, ma col senno di poi è stata la scelta giusta. Non potevo passare la vita con una persona che si lamentava sempre. Oggi sono felice. Ho una donna accanto a me con cui sto bene. Non conviviamo, non so se vorrò mai farlo di nuovo, ma ci vediamo spesso e condividiamo bei momenti.
I miei figli ora sono all’università, vivono fuori casa. Abbiamo un buon rapporto. Loro mi vogliono bene, e io sono orgoglioso di loro.
La vita è bella. Non sarà perfetta, ma non cambio quello che ho oggi con quello che avevo prima. Evviva le persone che vedono il bicchiere mezzo pieno.
Vivere o sopravvivere? Una domanda che dovremmo farci tutti, più spesso di quanto immaginiamo.
La storia di Silvio è di quelle che ti fanno annuire davanti allo schermo mentre sorseggi il tuo caffè. Niente colpi di scena hollywoodiani, niente drammi da soap opera. Solo la vita vera, quella che conosciamo tutti fin troppo bene.
Vi ricordate quando parlavamo del cocooning sociale? Ecco, Silvio l’ha vissuto sulla sua pelle: quella routine perfettamente orchestrata fatta di cene programmate, compleanni obbligati e weekend “tanto per”. Una vita in cui tutto funziona… sulla carta. In realtà “funzionare” e “vivere” sono due cose molto diverse.
E poi si arriva il punto cruciale secondo me: Silvio ha messo bene in evidenza quello che tanti di noi pensano ma non osano dire. La felicità (o la mancanza di essa) è una condizione che ci portiamo dentro, e affrontare la vita accanto a qualcuno che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto può diventare un peso insopportabile. La differenza tra chi vive la vita come una lista di cose da portare a termine con fatica e chi come Silvio riesce a trovare appagamento anche nello stendere la lavatrice.
Non è una questione di ottimismo forzato o di crisi d’identità – tema che abbiamo esplorato nell’articolo Non sono il mio matrimonio! Crisi di identità e viaggio di riscoperta… qui parliamo di qualcosa di più profondo: la capacità di riconoscere quando stiamo semplicemente esistendo, invece di vivere davvero.
Il prezzo della libertà
C’è un aspetto importante nella storia di Silvio che merita una riflessione più ampia: le difficoltà economiche che spesso seguono un divorzio. Silvio è stato brutalmente onesto su questo: mutuo da pagare, mantenimento, casa nuova… e quei prestiti dai genitori che fanno sentire di nuovo adolescenti (ma senza la parte divertente 😅).
Ammetto che, dalla mia posizione personale, a volte tendo a sottovalutare questo aspetto. Ho la fortuna di avere un lavoro che mi consente di affrontare serenamente certe sfide, ma non tutti hanno questa possibilità. Per molte persone, il divorzio rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma economico, un sacrificio che si aggiunge al già complesso percorso emotivo e psicologico.
Le statistiche ci dicono che dopo un divorzio il tenore di vita degli uomini può calare del 20-30%. Tradotto: addio agli sfizi, benvenuti compromessi. Ma sapete qual è la parte interessante? Silvio, come tanti altri che hanno condiviso le loro storie con noi, dice che ne è valsa la pena. Ogni. Singolo. Centesimo.
La vera domanda non è “quanto costa”, ma “quanto vale”?
E voi? State vivendo o state sopravvivendo? No, non è una domanda retorica da post motivazionale su Instagram. È quella domanda scomoda che Silvio si è fatto una notte fredda, mentre caricava le ultime scatole in macchina.
Se vi state chiedendo lo stesso, forse è il momento di fermarsi un attimo e fare il punto:
- La vostra vita vi assomiglia o è un vestito che portate per far contenti gli altri?
- Quando è stata l’ultima volta che avete trovato gioia in qualcosa di semplice?
- E soprattutto: state rimandando una decisione importante per paura del cambiamento?
Una nuova storia aspetta anche voi
Se la storia di Silvio vi ha fatto riflettere, non tenetevi tutto dentro: i commenti qui sotto sono fatti apposta per condividere.
E se avete una storia tutta vostra da raccontare, sapete dove trovarci:
Via DM sui nostri social
Usando il form su lifeisbetterafterdivorce.com.
Come sempre, garantiamo l’anonimato a chi lo desidera (anche se Silvio vi ha dimostrato che a volte metterci la faccia ha i suoi vantaggi… tipo una bellissima tazza LIBAD bianca 😉).
Life is Better After Divorce non è solo un nome azzeccato, è quello che succede quando smettiamo di sopravvivere e iniziamo a vivere davvero. E voi… da che parte state?