Cari lettori, bentornati al nostro incontro periodico di Divorziati Anonimi, dove il primo passo è riconoscere che un matrimonio, pur avendo magari fornito sicurezza e apparente normalità, a volte arriva al capolinea. Oggi sono felice di condividere con voi la storia di un uomo che ha saputo trasformare una difficile scelta in una vera rinascita personale: Roberto.
Roberto, 54 anni, dopo quasi vent’anni di vita insieme, quattro anni fa ha preso la decisione coraggiosa di separarsi. La sua esperienza ci ricorda che il divorzio non è un fallimento, ma piuttosto l’inizio di una nuova avventura – un percorso in cui, a volte, si riscopre chi si era perduto. Con il racconto di Roberto, che ci parla con sincerità e anche un pizzico di ironia (con quel suo “Sì, mo’ come no!” tipico della sua Emilia-Romagna), potremo comprendere come il cambiamento, per quanto inizialmente sconvolgente, possa aprirci le porte a una vita più autentica e appagante.

Leggere la sua storia significa vedere che, anche quando si è costretti a rivedere in maniera radicale la propria quotidianità – da un affido con ampia frequentazione a un impegno che per tre giorni su sette lo vede a gestire tutto da solo, mentre la sua ex, Laura, inizia una nuova esperienza lavorativa a Bologna – si può imparare a dare un senso nuovo a ciò che pensavamo di aver perso. Roberto ci racconta di come, nonostante i primi momenti di caos (, è riuscito a trovare nuove abitudini e, soprattutto, a instaurare un rapporto più profondo e autentico con i suoi figli.
Sono Grato a Roberto per aver condiviso con noi la sua storia (riceverà oltre al mio grazie anche la tazza LIBAD nera che ha scelto)e a tutti gli altri che l’hanno fatto prima di lui.
Se ancora non l’avete fatto, vi invito a leggere la storia di Silvio, insieme a quelle di Carmelo, Noemi, Franco, Mara e tante altre che ci offrono spunti preziosi per il nostro percorso.
Se stai leggendo la mia storia, probabilmente anche tu stai attraversando un divorzio o ci stai pensando. So bene cosa significa, perché quattro anni fa ero esattamente dove sei tu ora: confuso, spaventato, convinto che la mia vita sarebbe andata a rotoli.
Ora, però, posso dirlo senza esitazioni: divorziare è stata la scelta migliore della mia vita. Ma se me l’avessero detto allora, avrei risposto con un bel “Sì, mo’ come no!”
Ora, però, posso dirlo senza esitazioni: divorziare è stata la scelta migliore della mia vita. Ma se me l’avessero detto allora, avrei risposto con un bel “Sì, mo’ come no!”
Questa è la mia storia. E se può aiutarti a sentirti meno solo, allora sono felice di condividerla.
Il matrimonio che funzionava solo sulla carta
Mi chiamo Roberto, ho 54 anni e vivo a Cesena, in quella parte di Romagna dove il sole picchia forte ma i cuori sono ancora più caldi. Lavoro in una società di logistica integrata, seguo il mercato asiatico e, fino a qualche anno fa, ero convinto di avere la classica vita “normale”: un matrimonio solido, due figli stupendi (Giulio, 10 anni, e Martina, 7 anni), una casa in ordine.
Peccato che, a un certo punto, mi sia accorto che in quella casa io ero più un ospite che un marito e un padre. Come quei turisti che vengono qui d'estate: ci sono, ma non fanno parte del tessuto della città.
Laura, la mia ex moglie, è sempre stata la regista della famiglia. Organizzava tutto, decideva tutto, si occupava di tutto con una precisione che neanche un orologio svizzero. Io? Io c'ero, sì, ma non facevo davvero parte dell'ingranaggio. E me ne sono accorto in un modo tanto semplice quanto devastante.
Una sera, mentre aiutavo Giulio con i compiti (era alle prese con una di quelle divisioni che mi fanno sudare freddo: chi sa fare le divisioni a due cifre senza calcolatrice scagli la prima pietra!), mi ha guardato serio e mi ha chiesto:
"Papà, ma tu dove vivi di solito?"
Lì per lì mi è venuto da ridere. Poi ho capito. Non era una battuta. Per mio figlio, io non ero una presenza costante, ero come quei quadri che stanno appesi al muro: ci sono, ma dopo un po' non li noti neanche più.
E lì mi è arrivata la prima stangata, di quelle che ti fanno vedere le stelle anche in pieno giorno.
Il divorzio e l'illusione che in fondo sarebbe cambiato poco
Quando io e Laura ci siamo separati, non ci sono stati tradimenti, né liti furiose. Semplicemente, a un certo punto ci siamo guardati e abbiamo capito che non funzionavamo più, come una vecchia Vespa che non parte più per quanto ci provi.
E io, ingenuo come un bambino davanti alla vetrina del gelataio, pensavo: Ok, ci separiamo, cambieranno un po' le cose, ma niente di traumatico. Continuerò a vedere i miei figli, avrò più libertà, tutto sotto controllo.
Ho accettato senza oppormi un affido "con ampia frequentazione": in fondo li vedevo il giovedì e un fine settimnana si ed uno no.
Poi però, tre mesi dopo il divorzio, Laura mi fa l'annuncio che mi ha fatto tremare le gambe:
"Ho trovato lavoro a Bologna, mi trasferisco lì. Posso fare smart working due giorni a settimana, ma gli altri tre i bambini dovranno stare con te."
Oh, lo ammetto: lì mi sono sentito come quando ti cade il telefono e lo vedi scendere al rallentatore. Non perché non volessi stare con i miei figli. Ma perché non li avevo mai dovuto gestire davvero, come quelli che sanno cucinare solo gli spaghetti al pomodoro e all'improvviso devono preparare l'intero pranzo di Natale.
La catastrofe iniziale – Quando il padre single incontra la dura realtà
I primi mesi? Un delirio.
Il gruppo WhatsApp delle mamme mi terrorizzava. Sembravano tutte esperte e io avevo l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua. Ogni volta che dovevo scrivere qualcosa, mi sudavano le mani.
Ho dimenticato la gita scolastica di Giulio. Mi chiama la maestra e mi dice: “Roberto, oggi siamo partiti per la fattoria didattica, Giulio non è venuto?” E io: “Ma non era lunedì prossimo?” No, non era lunedì prossimo.
Martina ha la febbre e io, in ansia, passo mezz’ora a digitare su Google: 'febbre 39: pericolo o solo stanchezza?' cercando disperatamente la risposta che mi tranquillizzasse
Poi, il momento peggiore: una sera guardo i miei figli sul divano e penso: “E ora che faccio?
Mi sentivo un padre improvvisato, uno che giocava a fare il genitore senza avere le istruzioni.
Ma poi qualcosa è cambiato.
La svolta – Da padre della domenica a punto di riferimento
Un giorno, Giulio torna da scuola con gli occhi lucidi per un litigio con un compagno di classe.
E invece di chiamare la madre, parla con me. Così, spontaneamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Quella sera, Martina si addormenta sul mio petto guardando un cartone. Non lo aveva mai fatto prima, e quel peso leggero mi è sembrato la cosa più preziosa del mondo.
In quel momento ho capito una cosa semplice, ma potentissima: Per la prima volta, i miei figli mi vedevano come il loro vero punto di riferimento. Non ero più la comparsa nel film della loro vita, ero diventato uno dei protagonisti.
Ho capito che non dovevo essere perfetto, dovevo solo essere presente. Come il sole d'estate qui in Romagna: anche se ogni tanto lo coprono le nuvole, sai che c'è sempre.
Ho creato nuove abitudini: il mercoledì sera è "serata cinema" con popcorn e tutti sul divano (anche se è ormai sfondato quasi come la mia vecchia CBR). Il sabato facciamo la "cena etnica" e cuciniamo tutti insieme un piatto straniero che scegliamo insieme e di cui troviamo la ricetta su Google. Certo, ogni tanto viene una schifezza, ma ridiamo come matti.
Ho persino trovato un modo per gestire il lavoro senza perdere pezzi: ho chiesto di fare smart working il mercoledì, così posso incastrare meglio tutto.
E a poco a poco, ho scoperto che non solo potevo farcela, ma che questa era la versione migliore di me stesso.
La mia vita oggi – Perché il divorzio è stata la mia rinascita
Sono passati quattro anni, e ora posso dirlo senza esitazioni: il divorzio non mi ha tolto i miei figli. Me li ha fatti trovare davvero.
Nel matrimonio, ero sempre in secondo piano. Ora, invece, ho un rapporto con loro che non avrei mai potuto costruire prima. Mi chiedono cosa ho fatto, come sto, cosa penso… per la prima volta abbiamo un dialogo vero.
Non sono un padre “di riserva”, né un genitore della domenica. Sono il loro punto fermo. E sapete una cosa? Tra le mamme ce ne sono alcune che mi considerano molto bravo!
E se c’è una cosa che voglio dire a chi, come me, sta vivendo un divorzio e ha paura di perdere i figli, è questa:
Forse non li stai perdendo. Forse anche tu li puoi finalmente ritrovare, o forse sono loro che potranno conoscere chi è davvero il loro padre. E credimi: non c'è regalo più bello di questo.
La storia di Roberto ci insegna qualcosa di profondo sul rapporto genitori-figli. Spesso pensiamo di dover essere noi a insegnare tutto ai nostri figli, di dover avere sempre la risposta giusta, la soluzione pronta. Ma la verità è che spesso sono proprio loro, con la loro presenza, i loro sguardi, le loro domande apparentemente semplici, a insegnarci chi siamo veramente. Ci trasformano in persone migliori senza nemmeno rendersene conto.
È interessante notare come Roberto parli pochissimo del divorzio in sé, del conflitto, dei motivi della separazione. Non credo sia per nascondere qualcosa, ma perché ha capito che quello che conta davvero non è il passato, non è ciò che si è rotto, ma ciò che si può costruire. La sua storia ci ricorda che a volte ciò che percepiamo come una fine può essere in realtà un nuovo inizio, più autentico e profondo di quello che avevamo prima.
Una nuova storia aspetta anche voi.
Se la storia di Roberto vi ha fatto riflettere, non tenetevi tutto dentro: i commenti qui sotto sono il luogo ideale per condividere i vostri pensieri ed esperienze.
E se avete una storia tutta vostra da raccontare, sapete dove trovarci:
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