Tempo di lettura: 7 minutiDall’impotenza appresa al locus interno: cosa dice la psicologia su come ritrovare il controllo dopo un divorzio.
Per chi si è perso la prima parte (o l’ha rimossa come l’ex)
Nella prima parte abbiamo parlato del locus of control, quel concetto di Julian B. Rotter (1954) che distingue chi si sente vittima degli eventi da chi si considera protagonista delle proprie scelte.
Abbiamo visto come, dopo un divorzio, molti spostino il baricentro fuori da sé — sull’ex, sui giudici, sul destino, o sul karma (quando serve una giustificazione più spirituale).
Eppure, finché la regia resta in mano a qualcun altro, la storia non cambia.
In questa seconda parte parliamo del pezzo più interessante: come si allena il locus interno e come questo cambio di prospettiva può portare alla crescita post-traumatica, quel fenomeno affascinante per cui alcune persone non solo sopravvivono a un trauma, ma diventano più forti e più consapevoli di prima.
Allenare il controllo interno (si, la psicologia dice che si può rinforzare)
Rotter non si limitò a teorizzare che le persone differiscono per dove collocano il controllo — interno o esterno. Scoprì anche che questa posizione non è fissa, ma modellabile nel tempo, attraverso esperienza e apprendimento.
Albert Bandura, negli anni ’70, ne riprese il concetto sviluppando la teoria dell’auto-efficacia (self-efficacy): la convinzione di essere in grado di gestire le situazioni che la vita propone.
Più credi nella tua capacità di influire sugli eventi, più tendi ad agire. E più agisci, più aumenti il senso di controllo.
È un circolo virtuoso — o vizioso, se la convinzione è di impotenza.
Non è magia. È neuroplasticità.
I senso di impotenza è una cosa che purtroppo si acquisisce (ma si può anche disimparare)
Lo psicologo Martin Seligman, studiando la learned helplessness (impotenza appresa), lo dimostrò empiricamente: chi vive esperienze ripetute in cui non può cambiare gli esiti tende a smettere di provarci, anche quando in seguito potrebbe farlo.
Dopo un divorzio, questo meccanismo è devastante: se interiorizzi l’idea che “tanto non cambia nulla”, smetti di guidare.
La buona notizia è che il cervello non è un tribunale: è una palestra plastica.
Le ricerche di Carol Dweck (2006) sulla mindset theory confermano che la percezione di sé come “in crescita” (growth mindset) si associa a un locus più interno e a maggiore resilienza dopo eventi negativi.
In altre parole, puoi riaddestrare il cervello a riconoscere ciò che dipende da te.
È un processo cognitivo, non magico.
Come si fa (spoiler: non servono candele né un allineamento astrale)
Allenare il locus interno è una cosa possibile: un atto quotidiano, non un mantra motivazionale.
La psicologia cognitivo-comportamentale parla di “riconversione attribuzionale”: spostare la spiegazione dei tuoi successi e fallimenti da cause esterne (“è colpa sua”) a cause interne e modificabili (“posso cambiare qualcosa”).
ESERCIZIO 1: Il diario del controllo (5 minuti al giorno)
Cosa fare: Ogni sera, scrivi:
- 1 cosa che NON potevi controllare oggi
- 1 cosa che POTEVI controllare e hai controllato
- 1 cosa che POTEVI controllare ma non hai controllato (ancora)
Perché funziona: Allena il cervello a distinguere tra impotenza reale e impotenza percepita. Uno studio di Pennebaker (1997) ha dimostrato che la scrittura espressiva riduce i sintomi depressivi del 25% in 3 mesi.
Esempio pratico:
- ❌ NON controllabile: “Il mio ex ha cambiato gli orari dell’affido all’ultimo minuto”
- ✅ Controllato: “Ho gestito la rabbia, ho risposto con calma e ho documentato tutto”
- ⏸️ Non ancora: “Potevo chiamare l’avvocato subito, l’ho rimandato per paura”
Il punto non è controllare tutto. È distinguere cosa puoi controllare da cosa non puoi.
ESERCIZIO 2: Rieduca il linguaggio
Il linguaggio plasma la percezione.
Un classico studio di Langer & Rodin (1976) in una casa di riposo mostrò che agli anziani a cui veniva data una minima responsabilità quotidiana (“scegliere quando innaffiare le piante”) aumentavano benessere e longevità.
Perché? Perché recuperavano un senso di agency.
Allo stesso modo, passare da “non posso” a “non voglio ancora” è più potente di quanto sembri: il cervello lo interpreta come possibilità, non come resa.
Sostituzioni quotidiane:
- ❌ “Non posso uscire perché devo pensare ai bambini”
- ✅ “Scelgo di stare con i bambini stasera, uscirò domani”
- ❌ “Devo vedere il mio ex per l’affido”
- ✅ “Ho scelto di co-genitore responsabilmente”
- ❌ “Non posso essere felice finché non si risolve la questione patrimoniale”
- ✅ “La questione patrimoniale è complessa, ma posso essere sereno oggi”
Sembra un giochino linguistico, ma non lo è. Il cervello registra “scelgo” come potere, “devo” come obbligo imposto.
ESERCIZIO 3: Riduci la ruminazione, aumenta l’azione
Il pensiero ripetitivo negativo (rumination) è uno dei principali predittori di depressione post-divorzio (Nolen-Hoeksema, 2000).
Le persone con locus esterno passano più tempo a pensare “perché è successo”, quelle con locus interno si chiedono “che cosa posso fare adesso?”.
La differenza non è semantica: è neurochimica.
L’azione, anche minima, riattiva i circuiti dopaminergici di motivazione e controllo.
Tradotto: il movimento — fisico o mentale — è antidepressivo naturale.
Regola dei 5 minuti: Quando ti accorgi di stare ruminando (sempre gli stessi pensieri in loop), interrompi e fai qualcosa di fisico per 5 minuti:
- 20 piegamenti
- Una doccia fredda
- Pulire un cassetto
- Camminare intorno all’isolato
Non serve che sia produttivo. Serve che sia diverso.
Il cervello ha bisogno di un pattern interrupt per uscire dal loop.
ESERCIZIO 4: Pratica il “controllo selettivo”
Non puoi controllare tutto. Ma puoi controllare cosa controlli.
Charles Carver e Michael Scheier (1998), con la loro teoria del self-regulation, dimostrarono che la capacità di regolare il proprio comportamento in funzione degli obiettivi personali riduce stress e ansia.
Inizia con micro-obiettivi: gestire la reazione, non l’evento.
Come dire: non puoi cambiare il meteo, ma puoi decidere se uscire con l’ombrello o restare a imprecare alla finestra.
Esercizio pratico: Fai una lista di tutto ciò che ti stressa in questo momento legato al divorzio.
Poi dividi in due colonne:
- Colonna A: Posso influenzarlo (anche solo parzialmente)
- Colonna B: Non posso influenzarlo
Per ogni voce della colonna A, scrivi UNA micro-azione che puoi fare nei prossimi 7 giorni. Per ogni voce della colonna B, scrivi: “Lo accetto, per ora.”
Non significa arrendersi. Significa smettere di sprecare energia dove non serve.
🚨 Quando il locus esterno diventa pericoloso
Se ti riconosci in 3+ di questi segnali, considera di cercare supporto professionale:
- Passi più di 2 ore al giorno a pensare “cosa avrebbe potuto essere”
- Ogni decisione quotidiana dipende da “cosa farà/dirà l’ex”
- Hai smesso di fare progetti oltre i prossimi 7 giorni
- Usi spesso frasi come “non posso fino a quando lui/lei non…”
- La tua autostima è legata all’opinione dell’ex su di te
La ricerca di Sbarra, Smith e Mehl presso l’Università dell’Arizona mostra che quasi il 60% degli adulti con storia di depressione che divorziano sperimentano un nuovo episodio depressivo — ma solo se mantengono un locus esterno. Con supporto professionale e sviluppo di un locus più interno, questo rischio si riduce drasticamente.
Non è debolezza chiedere aiuto. È la prima forma di controllo interno: riconoscere quando hai bisogno di strumenti che non hai.
Quando il dolore diventa spinta: la crescita post-traumatica
Negli anni ’90, Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun coniarono il termine “Post-Traumatic Growth” (PTG) per descrivere chi, dopo una crisi, non solo recupera ma cresce.
I loro studi mostrano cinque aree tipiche di crescita:
- Aumento della forza personale
- Relazioni più autentiche
- Maggiore apprezzamento della vita
- Riorientamento delle priorità
- Nuova spiritualità o significato
Il divorzio, se vissuto con consapevolezza, può attivare esattamente questi cinque ambiti.
La bella notizia è che chi sviluppa crescita post-traumatica riporta miglioramenti significativi nel benessere psicologico già a 3 mesi dalla separazione, contro i 6+ mesi di chi mantiene un locus esterno dominante.
La ricerca conferma anche che chi riesce a identificare con certezza i motivi della rottura (invece di restare nel limbo del “non so perché è finita”) sperimenta meno problemi di adattamento e più crescita personale.
Come appare la PTG nella vita reale (dopo un divorzio)
Forza personale: “Ho scoperto di poter gestire le finanze da sola — qualcosa che in 20 anni di matrimonio pensavo impossibile”
Relazioni più autentiche: “Ho smesso di frequentare persone per dovere. Ora il mio venerdì sera è mio, e scelgo io chi merita quel tempo”
Apprezzamento della vita: “Una colazione tranquilla da sola, senza tensione, vale più di mille cene forzate ‘per salvare le apparenze'”
Riorientamento delle priorità: “Mi sono licenziato dal lavoro che odiavo. Il divorzio mi ha fatto capire che la vita è troppo breve per sprecarla in due prigioni”
Nuovo significato: “Non cerco più di piacere a tutti. Cerco di essere autentico con me stesso”
Queste non sono frasi da Bacio Perugina. Sono testimonianze reali di persone che hanno attraversato il divorzio e ne sono uscite trasformate.
George Bonanno (2004), con la sua teoria della resilienza emotiva, ha aggiunto che non serve “tornare come prima”: serve adattarsi creativamente.
È il momento in cui smetti di chiederti “perché mi è successo?” e inizi a chiederti “cosa posso imparare da questo?”.
E no, non è filosofia da cuscino: è psicologia clinica supportata da decine di studi longitudinali.
Il dolore è un catalizzatore, non una condanna.
Non ci credi? prova per 30 giorni… puoi iniziare domani
Non serve stravolgere tutto subito. Esistono delle azioni che puoi svolgere ed ottenere benefici dopo 30 giorni
Ecco 4 micro-azioni per i prossimi 30 giorni.
Settimana 1: OSSERVA
Ogni volta che dici “non posso perché il mio ex…”, scrivilo.
Alla fine della settimana, rileggi: quante volte era oggettivamente vero? Quante volte era una storia che ti stavi raccontando?
Non giudicarti. Osserva.
Settimana 2: LINGUAGGIO
Sostituisci “devo” con “scelgo”.
Non “devo andare a prendere i bambini” ma “scelgo di andare a prendere i bambini”.
Sembra stupido, ma il cervello lo registra come potere, non come obbligo.
Settimana 3: MICRO-CONTROLLO
Scegli UNA cosa piccola che hai evitato per paura/rabbia/tristezza.
Iscriviti a quel corso, prenota quella cena, sistema quella stanza.
Una cosa. Una.
Settimana 4: GRATITUDINE OPERATIVA
Ogni sera: “Oggi, grazie a ME, ho fatto/ottenuto/gestito…”
Non è positività tossica, è riconoscimento di agency.
Il punto non è diventare perfetti in 30 giorni.
Il punto è notare il cambiamento nella percezione di controllo.
Perché il locus interno non si conquista con un’illuminazione, ma con 1000 piccole scelte consecutive.
Il momento in cui tutto torna (a te)
Col tempo, noterai che non hai bisogno di sapere “come andrà a finire”. Hai solo bisogno di sapere che sei tu a decidere la direzione.
Il locus interno non è controllo assoluto, ma capacità di navigare anche quando il mare è mosso.
E quando inizi a sentire quella fiducia, non stai solo guarendo dal divorzio: stai imparando a vivere.
Conclusione ironica ma un po’ catartica
A questo punto non serve un corso di mindfulness, né un pendolo quantico. Serve solo una cosa: ricordarti che il navigatore funziona meglio quando lo gestisci tu.
E se anche ogni tanto ti perdi, amen.
Quindi sì, riprenditi il volante. Non perché la vita vada dove vuoi tu, ma perché tu decidi di non restare fermo.
E se ti stai chiedendo quando “passerà” del tutto?
Forse mai. Ma va bene così.
Il punto non è dimenticare il divorzio. Il punto è che un giorno ti sveglierai e ti accorgerai che per 3 giorni non hai pensato all’ex.
Poi una settimana. Poi un mese.
Non perché “hai elaborato”.
Ma perché eri troppo impegnato a vivere la TUA vita per dare spazio alla sua.
Benvenuto alla guida… Il resto è strada.