La prima parte del nostro viaggio nella mascolinità 2.0 (Mascolinità 2.0: uomini non perfetti ma padri presenti e coinvolti contrariamente agli stereotipi di genere – parte 1) ha suscitato un dibattito vivace e numerosi commenti. Alcuni lettori hanno notato che i congedi parentali sono spesso un privilegio dei lavoratori dipendenti, lasciando i liberi professionisti e le Partite IVA senza tutele adeguate. Concordo che, sebbene ciò rifletta la natura imprenditoriale di queste professioni, finisca per penalizzare entrambi i sessi e, soprattutto, i figli. È un tema complesso che meriterebbe più spazio di quello che possiamo dedicargli qui, ma magari torneremo su questo in un altro articolo.
In diversi hanno criticato il termine “padri efficaci”, dicendo che il termine è più adatto a descrivere una medicina o un elettrodomestico e non di esseri umani. Ma chi non vorrebbe un padre con garanzia soddisfatti o rimborsati? Scherzi a parte, l’efficacia nella genitorialità è un concetto che ritengo valido, anche se forse non il più poetico.
Inoltre, è stato detto che non è vero che i media trascurano i padri: sono almeno 10 anni che le riviste femminili parlano di “mammi”. Personalmente, ritengo che “mammo” suoni più come un insulto, suggerendo che la cura dei figli non possa essere una caratteristica maschile. Come se un uomo che si prende cura dei propri figli fosse una specie rara da osservare in un documentario naturalistico!
Infine, qualcuno ha commentato che il termine “2.0” è ormai obsoleto, considerandolo “da boomer”. Essendo della generazione X, sono più giovane di quanto pensino (per non parlare della mia età di fitness 😜)! Forse dovremmo passare direttamente alla versione 5.0, giusto per stare al passo coi tempi.
Con questo spirito ironico, proseguiamo con la seconda parte, esplorando le sfide che affrontano i padri moderni nel loro percorso verso una paternità che non ha bisogno di etichette per essere autentica e presente.
Sfide e ostacoli per i padri moderni
Essere un padre moderno e coinvolto può sembrare un superpotere, ma in realtà contiene una bella dose di sfide! Diamo un’occhiata più da vicino agli ostacoli che dobbiamo affrontare nel quotidiano cammino verso la paternità 2.0.
Innanzitutto, parliamo dell’elefante nella stanza: gli stereotipi di genere. Nonostante i progressi, la società spesso fatica ad accettare l’idea di un padre come caregiver primario. Uno studio del 2018 pubblicato sul Journal of Experimental Social Psychology ha rivelato che gli uomini che chiedono congedi parentali sono percepiti come meno competenti e meno impegnati nel lavoro rispetto alle loro controparti femminili. È come se ci fosse un cartello invisibile che dice: “Attenzione! Uomo che si prende cura dei figli. Potrebbe non essere un vero uomo!”
Osservate le reazioni quando si menziona che un uomo ha preso il congedo parentale. Invariabilmente, qualcuno commenterà: ‘Sì, ma lui…’ seguito da giustificazioni legate al suo lavoro o alla presunta mancanza di ambizioni di carriera. Queste risposte rivelano i pregiudizi ancora radicati nella nostra società riguardo ai ruoli genitoriali.
Date un’occhiata a questo: secondo un report OCSE (2020), noi papà italiani ci prendiamo in media solo 14 giorni di congedo di paternità. Praticamente il minimo sindacale previsto dalle leggi europee e italiane. E pensare che in altri paesi i papà se la spassano di più! In Svezia, per esempio, possono godersi fino a 90 giorni di congedo, parte di un pacchetto più ampio da spartire con le mamme. E in Spagna? Addirittura 16 settimane! Roba da far invidia, vero?
Ma il bello (si fa per dire) deve ancora venire. Le politiche di congedo parentale sono ancora tutte sbilanciate a favore delle mamme. Pensate un po’: le grandi aziende integrano privatamente la retribuzione INPS delle madri in congedo per far mantenere loro il 100% del reddito. Bello, no? Peccato che non facciano lo stesso per noi papà! Quando prendiamo il congedo parentale facoltativo, ci ritroviamo con lo stipendio ridotto a un terzo, e in alcuni casi addirittura azzerato. Una cosa che alle mamme non succede mai. Insomma, una bella disparità, non trovate?
E non è finita qui. Parlando sempre di lavoro, la situazione non è proprio rosea. Molte aziende ancora storcono il naso quando un papà chiede orari flessibili o deve assentarsi per i figli. C’è uno studio del 2019 su Journal of Social Issues che dice una cosa interessante: i papà che chiedono flessibilità per la famiglia sono visti come meno impegnati e hanno meno chance di fare carriera rispetto ai colleghi senza pargoli. E sai una cosa? Nelle grandi aziende ci sono politiche per premiare le mamme che tornano dalla maternità, offrendo loro posizioni uguali o migliori. Ma indovina un po’? Per i papà, niente di niente. E fidatevi, so di cosa parlo!
E per finire in bellezza, parliamo di autoeducazione. Le mamme hanno scaffali interi di libri a disposizione, fin da quando sono incinte. Noi papà? Ci dobbiamo accontentare di una manciata di titoli. Insomma, c’è ancora parecchia strada da fare.
La doppia sfida: alienazione parentale e difficoltà economiche dei padri separati
In Italia, molti padri si trovano ad affrontare una doppia sfida dopo la separazione o il divorzio: l’alienazione parentale e gravi difficoltà economiche. Questa combinazione crea una tempesta perfetta che può devastare la vita di molti uomini e, di conseguenza, quella dei loro figli.
L’alienazione parentale è un fenomeno estremamente dannoso in cui un genitore manipola sistematicamente il figlio per denigrare e allontanarlo dall’altro genitore. Questo comportamento, considerato tra i più odiosi e infami che un genitore possa adottare, viola profondamente il diritto del bambino a mantenere una relazione sana con entrambi i genitori. Le conseguenze di tale manipolazione sono devastanti per lo sviluppo psicologico ed emotivo del figlio, causando problemi di crescita che possono persistere nell’età adulta. L’alienazione parentale non solo danneggia il legame genitore-figlio, ma può compromettere la capacità del bambino di formare relazioni sane in futuro, minando la sua fiducia e il suo senso di sicurezza. È un abuso emotivo che richiede una seria attenzione e interventi mirati per proteggere il benessere dei minori coinvolti.
In Italia, nonostante l’affidamento condiviso sia la norma (94% dei casi secondo il Ministero della Giustizia nel 2019), la collocazione prevalente dei figli viene assegnata alla madre nell’88% dei casi. Questa situazione può facilitare dinamiche di alienazione, rendendo più difficile per i padri mantenere un rapporto costante e significativo con i propri figli.
Parallelamente, molti padri si trovano a fronteggiare serie difficoltà economiche post-separazione. I dati ISTAT del 2019 rivelano che il 60,9% degli ex-mariti vive da solo dopo la separazione, mentre il 20,2% è costretto a tornare a vivere con i genitori. Ancora più allarmante è il dato riportato dall’Associazione Padri Separati, secondo cui circa il 10% dei padri separati in Italia vive in condizioni di grave disagio economico.
Le cause di queste difficoltà sono molteplici. L’ISTAT riporta che nel 2018 l’importo medio mensile del mantenimento corrisposto dal padre al coniuge era di 498 euro, a cui si aggiungevano 480 euro per i figli. Questi oneri, combinati con la necessità di trovare una nuova sistemazione abitativa, possono mettere in seria difficoltà molti padri. Un’indagine dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani del 2018 ha rivelato che il 72% dei padri separati ha difficoltà a sostenere le spese di mantenimento imposte dal giudice.
Le conseguenze di questa situazione possono essere drammatiche. Secondo l’APS, circa il 3-5% dei padri separati si trova in condizioni di povertà estrema, costretto a ricorrere a mense sociali o dormitori. Alcuni si trovano addirittura a dormire in auto o a rivolgersi a strutture di accoglienza. Una ricerca dell’Università di Padova del 2017 ha evidenziato che il 28% dei padri separati ha dichiarato di aver avuto difficoltà a trovare una nuova sistemazione abitativa adeguata dopo la separazione.
Questa combinazione di alienazione parentale e difficoltà economiche crea un circolo vizioso. Le ristrettezze economiche possono limitare la capacità dei padri di offrire esperienze di qualità ai figli durante i periodi di visita, rendendo più difficile mantenere un legame forte. D’altra parte, l’alienazione parentale può spingere alcuni padri a rinunciare alla battaglia legale per mantenere i rapporti con i figli, aggravando ulteriormente la loro situazione psicologica ed economica.
È importante sottolineare che questa non è la realtà di tutti i padri separati, ma rappresenta una porzione significativa e spesso trascurata della popolazione. La situazione richiede un’attenzione urgente a livello sociale e legislativo. Sono necessarie riforme che garantiscano un trattamento più equo in caso di separazione e divorzio, tenendo conto sia del benessere dei figli che della sostenibilità economica per entrambi i genitori.
Inoltre, è fondamentale aumentare la consapevolezza su queste problematiche e fornire supporto adeguato ai padri in difficoltà. Servizi di consulenza legale e psicologica, programmi di sostegno economico e iniziative per combattere l’alienazione parentale sono solo alcuni degli strumenti che potrebbero aiutare a mitigare questa complessa e dolorosa situazione.
Il contrasto con la visione femminista tradizionale
Il ruolo del padre moderno si trova in una posizione un po’ paradossale quando si parla di femminismo tradizionale. Da un lato, il maggior coinvolgimento dei papà è frutto delle battaglie femministe per l’uguaglianza. Dall’altro, diverse femministe fanno ancora fatica ad accettare l’idea di una paternità attiva e alla pari.
Pensate al femminismo degli anni ’60 e ’70: ha criticato giustamente il modello di famiglia patriarcale, con il padre distante e autoritario. Ma questa critica ha portato anche a svalutare il ruolo paterno in generale. La sociologa Judith Stacey, nel suo libro “Brave New Families” del 1990, racconta che alcune femministe vedevano i padri più coinvolti come una minaccia all’autonomia delle donne.
Questa tensione si vede ancora oggi. Uno studio del 2018 su Gender & Society ha rivelato che diverse attiviste femministe guardano con sospetto i padri che chiedono la custodia condivisa, pensando che vogliano controllare le ex partner più che essere genitori attivi.
Ma le cose stanno cambiando. Il femminismo più recente sta iniziando a riconoscere l’importanza di una paternità attiva per raggiungere una vera uguaglianza. La famosa femminista Bell Hooks, nel suo libro “Feminism is for Everybody” del 2000, dice che una paternità impegnata è fondamentale per smantellare il patriarcato e creare relazioni più eque.
E le ricerche lo confermano: uno studio del 2019 su Journal of Marriage and Family ha dimostrato che i padri più coinvolti nella cura dei figli tendono ad avere atteggiamenti più egualitari verso i ruoli di genere, contribuendo a una società più equa.
La sfida per il futuro? Conciliare gli obiettivi del femminismo con il sostegno a una paternità paritaria. Dobbiamo capire che l’empowerment delle donne e il coinvolgimento dei padri non sono obiettivi in conflitto, ma si completano a vicenda per creare una società più equilibrata.
Conclusione
Il cammino verso una paternità più coinvolta e riconosciuta è in corso, ma resta ancora molta strada da percorrere. L’evoluzione del ruolo paterno da figura autoritaria e distante a partner attivo nella cura e nell’educazione dei figli ha portato benefici evidenti allo sviluppo dei bambini, al benessere delle famiglie e alla società nel suo complesso.
Persistono tuttavia ostacoli significativi, dalle barriere culturali alle politiche inadeguate, dalle sfide economiche all’alienazione parentale. La promozione della paternità attiva si intreccia con questioni più ampie di uguaglianza di genere e giustizia sociale.
Guardando al futuro, è evidente che favorire una paternità coinvolta richiede un impegno concertato a tutti i livelli della società, dalle politiche pubbliche alle pratiche aziendali, dall’educazione alle rappresentazioni mediatiche.
Riconoscere e valorizzare il ruolo dei padri non sminuisce quello delle madri, ma crea un ambiente in cui entrambi i genitori possono contribuire pienamente alla crescita dei figli. Questa visione di genitorialità condivisa non solo da grandi benefici ai bambini, ma contribuisce a una società più equa ed equilibrata per tutti.
In conclusione, essere un padre moderno è una sfida complessa ma gratificante. Le difficoltà sono reali, ma con il giusto supporto e impegno, i padri giocano un ruolo fondamentale nella vita dei loro figli e nella creazione di una società più equilibrata.
P.S. Proprio mentre finalizzavo questo articolo ho letto un interessante post dell’ Avv. Stefania Crespi che classifica i vari reati che possono compiere le madri ostacolanti (i reati valgono anche per i padri, ovviamente):
https://www.studiolegalearenosto.it/il-genitore-ostacolante-commette-reato/
P.P.S. E’ importante sapere che dal 2013, grazie a una sentenza del Tribunale di Firenze, i figli di genitori separati possono ottenere la doppia residenza. Questa possibilità offre numerosi vantaggi pratici, come la partecipazione dei figli a campi estivi in comuni diversi, e al contempo promuove una maggiore equità, attribuendo uguale importanza a entrambe le dimore dei figli. Tale disposizione non solo semplifica aspetti logistici, ma rafforza anche il concetto di una genitorialità condivisa e paritaria.