Chi sta davvero controllando la tua vita dopo il divorzio? La psicologia spiega perché dare la colpa all’ex (o al destino) ti tiene bloccato – Parte 1

Riprendi il volante della tua vita dopo il divorzio - Qual è il tuo locus of control?
Tempo di lettura: 6 minuti

Il falso mito del controllo perduto

Quando finisce un matrimonio, ad alcune persone può sembrare che gli abbiano hackerato la vita.
Quasi come non trovassero più le password — di casa, di coppia, perfino del sonno. Tutto può apparire fuori controllo: gli orari dei figli, i pranzi della domenica, i conti, i messaggi dell’ex che arrivano sempre nel momento sbagliato.

E così nasce la lamentela più comune — e più tossica — che si sente dopo una separazione:

“Mi ha distrutto.”
“Mi ha tolto tutto.”
“Mi sta mettendo contro i figli”

Tutte con lo stesso protagonista mancante: tu.
Nessuno dice mai “mi sono lasciato distruggere”, Nessuno che si spinga a fare un po’ di autoanalisi, eh?
Eppure, finché continui a raccontartela così, la regia della tua storia resta nelle mani di qualcun altro.

La psicologia questo meccanismo lo conosce bene. Julian Rotter, psicologo americano, nel 1954 propose un’idea semplice ma devastante nella sua precisione: ciò che distingue chi si rialza da chi resta schiacciato non è cosa gli è successo, ma dove crede che stia il controllo della sua vita.
Lui lo chiamò locus of control — “locus” come luogo, “control” come… beh, quello che pensi di non avere più.

Dove metti il tuo controllo: dentro o fuori

Rotter spiegò che ogni persona si muove lungo una linea immaginaria: da un lato chi pensa che le cose dipendano da sé, dall’altro chi crede che tutto dipenda dagli altri o dal destino.

  • Locus interno: “Il mio matrimonio è finito, ma ora decido io come voglio vivere questa nuova fase.”
  • Locus esterno: “Se solo il mio ex cambiasse atteggiamento, potrei stare meglio.”

Capire dove ti trovi, non è un quiz da rivista del weekend. È la mappa invisibile che regola come interpreti ogni evento della tua vita — anche il divorzio.
Chi ha un locus interno tende ad assumersi responsabilità, cambiare strategia, agire.
Chi ha un locus esterno, invece, resta prigioniero di un copione dove qualcun altro decide per lui.

È la differenza tra dire “non posso perché mi ha ferito” e “mi ha ferito, ma scelgo di guarire”.
Sembra sottigliezza linguistica, ma dal punto di vista della neuroscienza è importante: il linguaggio che usi cambia la percezione di potere che hai su te stesso.
Ed è proprio quella sensazione di potere (o di impotenza) che, dopo un divorzio, decide se affondi o riemergerai.

Rotter stesso lo scrisse: “Le persone con un locus interno mostrano livelli più alti di motivazione, di apprendimento e di adattamento.”
Trent’anni dopo, ulteriori studi confermarono che chi percepisce di avere controllo tende a sviluppare più resilienza e meno stress.

Se ti va, prima di continuare, fermati 2 minuti e fai il test che segue.

Il divorzio e l’illusione del “non posso farci nulla”

Come abbiamo già scritto in altre occasioni, il divorzio è, tra tutti gli eventi della vita adulta, uno dei più violenti per il senso di controllo personale. In una scala di stress elaborata da Holmes e Rahe nel 1967, il divorzio è secondo solo alla morte di un parente stretto. E il motivo è semplice: toglie al cervello ogni riferimento stabile.

La casa non è più la tua, il ruolo cambia, perfino la posta elettronica con l’ex diventa campo minato.

In questa instabilità, è normale spostare il baricentro verso l’esterno.

“È colpa sua.” “È colpa dei giudici.” “È colpa della fortuna, del karma, di Giove retrogrado….”

Recentemente va molto di moda “È colpa del patriarcato”

C’è sempre qualcosa fuori che spiega il caos dentro. Peccato che più ti convinci che la tua serenità dipenda da altro, più diventi spettatore della tua stessa vita.

I numeri non mentono: la ricerca scientifica dimostra con precisione quanto sia pericoloso questo meccanismo.

Sbarra & Emery (2013), nello studio longitudinale MIDUS (Mid Life in the United States) su scala nazionale negli Stati Uniti, hanno scoperto che quasi il 60% degli adulti con una storia di depressione che hanno divorziato hanno sperimentato un nuovo episodio depressivo maggiore nel follow-up, contro solo il 10% di coloro che non hanno attribuito la loro sofferenza al divorzio o che non avevano una storia di depressione.

La differenza tra i due gruppi — 60% contro 10% — è così grande che gli stessi ricercatori ne sono rimasti sorpresi.

Ma c’è di più: secondo l’American Psychological Association, circa il 40% dei divorziati riporta livelli clinici di ansia nell’anno successivo alla separazione.

Tashiro & Frazier (2003), invece, hanno dimostrato l’altra faccia della medaglia: gli intervistati nel loro studio hanno riportato in media cinque tipi di crescita personale che credevano potessero migliorare le loro future relazioni romantiche. Le persone che hanno saputo riportare il controllo “in casa” (in senso psicologico, non immobiliare) hanno sperimentato maggiore crescita personale e benessere.

Non perché “non soffrissero”, ma perché hanno smesso di aspettare che l’altro cambiasse per stare bene loro.

Il fattore cruciale: dove metti la responsabilità

Gli studi di Sbarra & Emery e di Tashiro & Frazier hanno mostrato che le persone che attribuiscono le proprie difficoltà post-rottura a fattori esterni hanno livelli più alti di depressione, ruminazione e stress cronico.

Al contrario, chi riesce a riportare il controllo verso l’interno tende a sperimentare:

  • Maggiore crescita personale
  • Livelli più bassi di ansia e depressione
  • Recupero più rapido dalla sofferenza emotiva
  • Migliore benessere complessivo

La differenza non è che chi ha locus interno “non soffre” — la differenza è che smette di aspettare che l’universo cambi per stare bene lui (o lei).

In fondo, non puoi controllare il meteo, ma puoi decidere se uscire con l’ombrello o restare a casa a imprecare contro la pioggia.

Conclusione (parte 1):

Il primo passo, quindi, non è “lasciare andare l’ex”. È smettere di lasciare andare te stesso ogni volta che l’ex entra nei tuoi pensieri, nelle tue scelte, nei tuoi “non posso perché lui/lei…”.

Il divorzio può toglierti molte cose — la casa, la routine, perfino il sonno — ma non può toglierti il diritto di decidere come riscrivere la tua storia.

La domanda giusta non è “Perché mi è successo?” ma “Cosa voglio costruire adesso che il vecchio edificio è crollato?”.

Nella seconda parte dell’articolo vedremo esattamente come si fa, mattone dopo mattone, a spostare il tuo locus of control da esterno a interno.

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