Mascolinità 2.0: uomini non perfetti ma padri presenti e coinvolti contrariamente agli stereotipi di genere – parte 1

Tempo di lettura: 8 minuti

Ehi tu, sì, proprio tu che stai concludendo la riunione del CdA mentre il padre dei tuoi figli sta andando ad accompagnarli all’allenamento di Karate! Benvenuta nel 2024, dove la mascolinità 2.0 vede padri moderni efficaci con i figli; dove l’uomo medio sa più di registro elettronico che di fuorigioco.

Mascolinità 2.0: Padri moderni ed efficaci con i figli

Dimentichiamoci dell’immagine dell’uomo come eterno Peter Pan, con la birra in una mano e il telecomando nell’altra, eternamente sintonizzato su Sky Sport. Quella è roba da museo, come i dinosauri o i telefoni con il filo.

Per chi si domanda perché in un blog sul divorzio stiamo parlando di genitorialità e dell’importanza del ruolo paterno, ricordo che il primo pensiero quando si divorzia dovrebbe essere la tutela dei figli… quindi, direi che siamo perfettamente in tema! Anzi, ci si potrebbe chiedere cosa ho aspettato a scrivere questo articolo! 😉

Negli ultimi 15-20 anni, mentre nessuno guardava (o forse mentre tutti erano troppo occupati a postare meme su “mama pancake” sui social), gli uomini hanno subito una metamorfosi degna del miglior episodio di X-Men. Sono passati dall’essere quello che porta a casa la pagnotta a quello che fa la spesa, cucina la pagnotta, la taglia a fettine e la serve con una ratatouille rigorosamente bio.

Sì, avete capito bene: l’uomo moderno sa come funziona una lavatrice meglio che come si cambia l’olio dell’auto. E non lo fa controvoglia, no! Molti papà di oggi sono più entusiasti all’idea di un pomeriggio al parco giochi che di una serata al pub con gli amici. Shock, orrore!

Ma attenzione: mentre questi supereroi domestici (che sono molto numerosi) stanno silenziosamente rivoluzionando la genitorialità, i media sembrano bloccati in un loop temporale. Continuano a dipingere gli uomini come cavernicoli emotivamente analfabeti, incapaci di distinguere un biberon da un thermos. E quando non lo fanno, parlano di “mammo” come se il prendersi cura dei figli non potesse far parte delle caratteristiche maschili.

E le femministe? Beh, alcune sembrano ancora convinte che ogni uomo sia segretamente il protagonista di “Mad Men”, pronto a sorseggiare whisky alle 10 del mattino mentre detta lettere alla sua segretaria. Notizia flash: la maggior parte degli uomini oggi è più probabile che stia sorseggiando un frappè vegano mentre cerca di spiegare agli insegnanti come usare Zoom per il prossimo colloquio con i professori.

Ma la verità è che tanti uomini stanno abbracciando con entusiasmo questo nuovo ruolo. Congedo parentale? Sì, grazie! Carriera in pausa per stare con i figli? Dove si firma? E non pensate che si stiano lamentando. Anzi, molti ex manager diventati casalinghi a tempo pieno ridono quando sentono parlare dello stress della vita domestica. “Stress? Hai mai provato a coordinare una riunione cercando di portare a casa un risultato con troppe prime donne, gente che parla solo per ascoltare la propria voce e colleghi il cui obiettivo del giorno è evitare di portarsi a casa del lavoro? Al confronto, badare ai figli è una passeggiata nel parco!”

Lasciatemi dire che vi parlo con cognizione di causa dato che io stesso ho svolto il ruolo del care giver prendendo congedi parentali (obbligatori e facoltativi), riduzione orario (per chi sa di cosa si tratta) e non perdendomi una organizzazione delle feste scolastiche!

Quindi, cari lettori, preparatevi a un viaggio nel mondo del “nuovo papà”. Un mondo dove la mascolinità 2.0 si misura in ripetizioni di algebra e serate a guardare serie TV con i figli, dove i padri moderni sono più aggiornati sulle ultime tendenze dei social media che sulle partite di calcio, e dove “una serata selvaggia” significa convincere gli adolescenti a spegnere i dispositivi elettronici e andare a letto prima delle 23.

Eccoci nel 2024, dove i papà non sono più ‘aiutini’, ma sono i veri protagonisti, armati fino ai denti di joystick e scarpette da calcio. Non si limitano a fare da spalla, ma sono dei veri e propri supereroi nel risolvere equazioni, costruire imperi di Lego e preparare panini gourmet per il pranzo a scuola. E non dimentichiamoci delle figlie! Sono i primi fan delle loro esibizioni di danza, i migliori consiglieri di moda per le bambole, e non c’è niente che li diverta di più che organizzare un pomeriggio di giochi da tavolo. E la ciliegina sulla torta? Quando si tratta di giocare a calcio o a Fortnite, o di fare una partita a Monopoli con le loro figlie, si divertono un mondo, forse più dei piccoli stessi!

La mascolinità 2.0: il nuovo volto della paternità

Ma cos’è esattamente questa nuova forma di mascolinità?

Immaginate un supereroe. No, non Batman o Superman. Pensate invece a un tizio normale, magari con un po’ di pancetta da birra, che riesce a preparare il pranzo al sacco, rispondere a una email di lavoro e cantare “Il coccodrillo come fa” contemporaneamente. Ecco, quello è il padre 2.0!

(a proposito se volete perderla quella pancetta date un’occhiata al nostro articolo L’importanza del metabolismo oltre i 45 anni: una vita sana post-divorzio (e non solo))

Secondo uno studio del 2019 pubblicato su Psychology of Men & Masculinities, questa nuova mascolinità si caratterizza per una maggiore apertura emotiva, una partecipazione attiva nella cura dei figli e una ridefinizione del concetto di “forza” che va oltre gli stereotipi tradizionali. In pratica, questi papà non hanno paura di mostrare le loro emozioni o di ammettere che a volte non hanno la più pallida idea di cosa stiano facendo (come tutti noi, del resto).

Ma attenzione: non stiamo parlando di una rivoluzione da un giorno all’altro. È un processo graduale, che sta avvenendo a velocità diverse in varie parti del mondo. Uno studio cross-culturale del 2020 pubblicato su Journal of Cross-Cultural Psychology ha evidenziato come nelle società occidentali l’idea del padre coinvolto sia ormai la norma, mentre in altre parti del mondo è ancora vista come una sottomissione dovuta all’incapacità di esercitare a pieno il ruolo maschile.

E come si manifesta concretamente questa nuova paternità? Beh, i dati parlano chiaro. Secondo il Pew Research Center, nel 2016 il 57% dei padri americani considerava la genitorialità come una parte centrale della loro identità. E non solo a parole: lo stesso studio ha rilevato che i padri dedicavano in media 8 ore a settimana alla cura dei figli, contro le 2,5 ore del 1965. Un balzo in avanti notevole per la società americana che, se apparentemente più libera, in realtà rimane spesso legata a modelli tradizionali di famiglia in diverse aree del paese.

Ma la vera rivoluzione sta nell’atteggiamento. Questi nuovi padri non vedono la cura dei figli come un “aiuto” alla madre o un “dovere”, ma come una parte integrante e gratificante della loro vita. Sono padri che non si vergognano di portare i figli al parco giochi, che sanno come intrecciare le trecce (o almeno ci provano), che partecipano attivamente alle riunioni scolastiche.

Insomma, la Mascolinità 2.0 è qui per restare. E se qualcuno ancora pensa che aiutare i figli con i compiti sia ‘poco virile’, beh, probabilmente non ha mai cercato di spiegare le equazioni algebriche a un adolescente in piena crisi esistenziale. Quella sì che è una prova di pazienza!

L’importanza del ruolo paterno: evidenze dalla ricerca

Ora che abbiamo stabilito che i padri moderni non sono una specie in via di estinzione, ma anzi una forza crescente nel panorama familiare, è il momento di chiederci: ma tutto questo coinvolgimento paterno fa davvero la differenza? Spoiler alert: la risposta è un sonoro “sì”, e abbiamo la scienza dalla nostra parte!

Partiamo dalle basi. Lo studio di Michael E. Lamb, pubblicato nel suo libro The Role of the Father in Child Development” (2010), ha gettato le fondamenta per comprendere l’impatto cruciale del coinvolgimento paterno. Lamb ha identificato tre componenti chiave del coinvolgimento paterno:

  • l’interazione diretta (il tempo trascorso effettivamente con il bambino)
  • l’accessibilità (essere disponibile per il bambino)
  • la responsabilità (prendersi cura dei bisogni del bambino).

Questa triade forma la base di ciò che oggi consideriamo una paternità efficace.

Ma cosa significa questo in termini concreti per lo sviluppo del bambino? Beh, preparatevi, perché stiamo per bombardarvi di dati positivi!

Uno studio monumentale condotto da Sarkadi et al. (2008), pubblicato su Acta Paediatrica, ha esaminato 24 studi longitudinali sul coinvolgimento paterno. I risultati? I bambini con padri coinvolti mostravano:

  • Migliori risultati scolastici
  • Meno problemi comportamentali
  • Maggiore benessere psicologico
  • Migliori relazioni sociali

E non stiamo parlando di piccoli miglioramenti. Ad esempio, per quanto riguarda i risultati scolastici, i bambini con padri altamente coinvolti avevano il 43% di probabilità in più di ottenere pieni voti (9 o 10) rispetto ai loro coetanei con padri meno coinvolti. Immaginate di aumentare le possibilità di successo scolastico di vostro figlio del 43% semplicemente trascorrendo più tempo con lui. Suona come un super potere, vero?

Ma non è finita qui. La ricerca di Cabrera et al. (2018), pubblicata su Child Development Perspectives, ha fatto luce sui benefici a lungo termine del coinvolgimento paterno. Questo studio ha dimostrato che l’influenza positiva dei padri si estende ben oltre l’infanzia, influenzando lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei figli fino all’età adulta. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che:

  • I bambini con padri coinvolti mostravano migliori capacità di regolazione emotiva, essenziali per gestire lo stress e mantenere relazioni sane in età adulta.
  • Le figlie di padri coinvolti avevano maggiori probabilità di perseguire carriere in campi tradizionalmente dominati dagli uomini, sfidando gli stereotipi di genere.
  • I figli maschi di padri coinvolti mostravano atteggiamenti più egualitari verso i ruoli di genere e erano più propensi a condividere le responsabilità domestiche nelle loro future relazioni.

Ma attenzione, non stiamo dicendo che i padri sono improvvisamente diventati più importanti delle madri. La chiave è la complementarità. Uno studio del 2016 di Martin et al., pubblicato su Journal of Family Psychology, ha dimostrato che i padri tendono a interagire con i loro figli in modi diversi rispetto alle madri. Mentre le madri tendono a essere più nurturing e protettive, i padri sono più propensi a incoraggiare l’esplorazione e l’indipendenza. Questa combinazione di stili genitoriali offre ai bambini un ambiente di crescita ricco e variegato.

E che dire dell’impatto sul cervello? Sì, avete capito bene, stiamo parlando di neuroscienze! Uno studio del 2012 di Mascaro et al., pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale per esaminare l’attività cerebrale dei padri mentre interagivano con i loro figli. I risultati? I padri che trascorrevano più tempo con i loro figli mostravano una maggiore attivazione nelle aree del cervello associate all’attaccamento e alla ricompensa emotiva. In altre parole, più tempo trascorri con tuo figlio, più il tuo cervello si “sintonizza” con lui. È come un aggiornamento neurale gratuito!

E non dimentichiamoci dell’impatto economico. Uno studio del 2015 di Rege e Solli, pubblicato su American Economic Review, ha esaminato l’effetto del congedo di paternità sui risultati scolastici dei bambini. Utilizzando dati dalla Norvegia, dove una riforma del 1993 ha riservato quattro settimane di congedo parentale esclusivamente ai padri, i ricercatori hanno scoperto che i bambini i cui padri avevano preso il congedo mostravano migliori risultati scolastici in età adolescenziale. L’effetto era particolarmente pronunciato per i bambini di famiglie con livelli di istruzione più bassi, suggerendo che il coinvolgimento paterno può essere un potente equalizzatore sociale.

Infine, parliamo di resilienza. Uno studio del 2018 di Allgood et al., pubblicato su Journal of Family Issues, ha esaminato il ruolo del coinvolgimento paterno nella costruzione della resilienza nei bambini. I ricercatori hanno scoperto che i bambini con padri altamente coinvolti mostravano una maggiore capacità di recupero di fronte alle avversità, erano più propensi a cercare aiuto quando necessario e avevano una migliore autostima. In un mondo sempre più complesso e sfidante, la resilienza è un super potere che ogni genitore vorrebbe donare al proprio figlio.

In conclusione, la ricerca è chiara: i padri non sono solo “aiutanti” o “baby-sitter” occasionali. Sono figure cruciali nello sviluppo dei loro figli, con un impatto che si estende dall’infanzia all’età adulta, influenzando tutto, dal successo scolastico alla salute emotiva, dalle future relazioni alle prospettive di carriera. Quindi, care mamme, la prossima volta se provate una leggera invidia del rapporto padre – figlia/figlio, ricordate: i padri non stanno solo “passando del tempo con loro”, ma la loro presenza ha un ruolo importante nel loro futuro.

L’articolo non finisce qui: prosegue e finisce nella prossima puntata che affronterà aspetti quali il divorzio e la necessità di una società più equa.

Stay tuned 😊


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