Il Principe Azzurro è morto… scopri perché questa ricerca non ha mai avuto senso (persino la Disney se n’è accorta!)

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Introduzione

Il Principe Azzurro! Quel miraggio scintillante che ha fatto sospirare generazioni di anime romantiche e, al contempo, ha causato più delusioni di un’intera stagione di reality show. Ma da dove spunta, questo fascinoso personaggio che cavalca destrieri bianchi e possiede un guardaroba monocromatico?

Cari lettori, preparatevi a un viaggio nel regno dell’illusione amorosa, dove esploreremo le origini di questa figura mitologica moderna e le sue ramificazioni nella psiche collettiva. Perché, ammettiamolo, quale donna non ha mai fantasticato su un partner perfetto che risolva magicamente tutti i problemi della vita?

È interessante notare come la Sindrome del Principe Azzurro sia tradizionalmente considerata un fenomeno prevalentemente femminile. Molte donne, influenzate da fiabe, romanzi rosa e commedie romantiche, possono trovarsi a cercare quel partner perfetto che incarni tutte le qualità del principe dei loro sogni. Tuttavia, non lasciatevi ingannare: gli uomini non sono affatto immuni da simili idealizzazioni romantiche, anche se queste possono manifestarsi in modo diverso.

Mentre le donne potrebbero cercare il loro “principe azzurro”, molti uomini inseguono l’illusione della “donna perfetta”, spesso visualizzata come una sorta di supermodella con la personalità di una migliore amica. Questa aspirazione spesso non tiene conto della realtà del loro stesso aspetto fisico o status sociale, creando un divario tra aspettative e realtà tanto ampio quanto quello delle loro controparti femminili.

Tuttavia, va ricordato che nel nostro mondo in continua evoluzione, le linee di demarcazione tra le aspettative romantiche maschili e femminili stanno diventando sempre più sfumate.

In questo articolo, sveleremo come questa idealizzazione romantica si sia trasformata in una vera e propria sindrome, riconosciuta dalla psicologia moderna. Esploreremo le sue origini, le sue manifestazioni e, soprattutto, il suo impatto sulle nostre relazioni reali.

La Sindrome del Principe Azzurro: definizione e riconoscimento

La Sindrome del Principe Azzurro ha guadagnato un posto d’onore nel pantheon dei moderni malanni psicologici (al pari della Sindrome di Peter Pan di cui parleremo in un’altra occasione 😉)

Ma quando esattamente questa ricerca ossessiva del partner perfetto è passata dall’essere un semplice desiderio romantico a una “sindrome” riconosciuta?

La dottoressa Marta Meana è stata tra le prime a identificare questa sindrome come un pattern comportamentale distinto. Secondo Meana, la ricerca compulsiva del partner ideale spesso maschera una profonda insicurezza e un’incapacità di affrontare le proprie inadeguatezze percepite.

I sintomi? Oh, sono variegati come le sfumature dell’azzurro stesso. Si va dalla costante insoddisfazione nelle relazioni (“Lui è perfetto, ma…”) alla tendenza a idealizzare potenziali partner basandosi su informazioni minime.

Il riconoscimento ufficiale di questa sindrome da parte della comunità psicologica è avvenuto gradualmente, con un crescendo di studi e pubblicazioni a partire dagli anni ’90. Il lavoro pionieristico di Susan Forward, successivamente descritto nel suo Men Who Hate Women and the Women Who Love Them, ha gettato le basi per comprendere come le aspettative irrealistiche possano sabotare le relazioni.

Ma attenzione: non confondiamo la ricerca di un partner di qualità con questa sindrome. Come sottolinea saggiamente la dottoressa Esther Perel, avere standard elevati non è un problema. Il problema sorge quando questi standard diventano una scusa per evitare l’intimità reale.

L’Impatto della Sindrome nella vita reale

Immaginate di entrare in un supermercato dell’amore, dove ogni corsia è piena di potenziali partner.  Benvenuti nel mondo di chi soffre della Sindrome del Principe Azzurro, dove la ricerca dell’amore perfetto si trasforma in una caccia al tesoro senza fine in quanto non se ne trova mai uno che vada bene al 100%.

Ma quali sono le conseguenze tangibili di questa ricerca ossessiva? Come osserva acutamente la dottoressa Pepper Schwartz nel suo studio “Love Between Equals”, l’idealizzazione eccessiva del partner porta invariabilmente alla delusione, creando un ciclo di aspettative irrealistiche e fallimenti relazionali. Lynn, una sua paziente di 37 anni, manager di successo e perpetua single le confidava durante una sessione: “Ho una checklist mentale per il mio uomo ideale: deve essere alto, ricco, divertente, sensibile, capace di stare con i bambini, interessato al teatro, ma anche dello sport all’aria aperta, appassionato di yoga e amante dei gatti”. Quando le chiese quanti uomini avesse incontrato che soddisfacessero tutti questi criteri, la sua risposta fu un eloquente silenzio.

E parlando di checklist impossibili, non possiamo non menzionare il fenomeno “altezza-dipendente” che imperversa nelle app di incontri. Ah, l’amore nell’era dei filtri digitali! Dove una volta si cercava l’anima gemella, ora si cerca il metro e ottanta.

Come mi ha confidato amica fervente utilizzatrice di app di dating: “Non posso uscire con un uomo sotto l’1,80. Come farei a indossare i tacchi?”. Quando le ho chiesto se avesse mai considerato di rinunciare ai tacchi per un uomo fantastico di 1,75, mi ha guardato come se le avessi suggerito di uscire con un ornitorinco.

Ironicamente, se un uomo dichiarasse di non voler uscire con donne al di sotto di una certa taglia di reggiseno, verrebbe probabilmente bannato dall’app più velocemente di quanto si possa dire “sessista”. Come osserva brillantemente la sociologa Bella DePaulo nel suo studio Singlism, i doppi standard nelle aspettative di dating rivelano più sui nostri pregiudizi sociali che sui nostri reali desideri.

Ma forse il vero problema non è l’altezza, ma la miopia emotiva. Come ha sagacemente notato il comico Kevin Hart (alto 1,65 m), “L’altezza non misura il carattere né definisce la mia visione del mondo”. E aggiungiamo noi: nemmeno la profondità di una relazione.

Il dottor Eli Finkel, nel suo illuminante studio “The All-or-Nothing Marriage”, evidenzia come questa tendenza all’idealizzazione possa portare a quello che lui chiama “il paradosso della scelta”. Più opzioni abbiamo, più diventiamo critici e meno soddisfatti delle nostre scelte.

Ma l’impatto non si limita alla sfera romantica. La dottoressa Kristin Neff, nel suo studio Self-Compassion, sottolinea come la ricerca ossessiva del partner perfetto possa essere un riflesso di una bassa autostima. La Dott.sa Neff afferma che cerchiamo nell’altro ciò che non riusciamo a trovare in noi stessi. Il risultato? Un cocktail tossico di insoddisfazione personale e relazionale.

E non dimentichiamoci dell’effetto domino sulle relazioni esistenti. Ci sono persone che passano anni a chiedersi se la loro relazione sia quella giusta, se il loro partner sia quello giusto.

La psicologa Esther Perel, nel suo provocatorio TED Talk “Ripensare l’infedeltà“, suggerisce che l’ossessione per il partner ideale possa addirittura contribuire all’infedeltà. Cerchiamo nell’amante non tanto una nuova persona, dice, quanto una nuova versione di noi stessi.

In conclusione, come osserva sagacemente lo scrittore Alain de Botton nel suo The Course of Love, Il problema del romanticismo è che ci fa aspettare la perfezione in un mondo dove la bellezza risiede nell’imperfezione. Forse è ora di appendere al chiodo le scarpette da Cenerentola e iniziare a camminare con i nostri piedi, imperfezioni comprese, verso relazioni più autentiche e soddisfacenti.

Lo specchio del Principe: riflessioni sull’autenticità nelle relazioni

Ah, l’ironia della ricerca della perfezione! Mentre scrutiamo l’orizzonte in cerca del nostro principe (o principessa) azzurro, ci siamo mai fermati a guardare nello specchio? No, non per controllare se la corona è storta, ma per chiederci: “Ehi, ma io che cosa porto in questa favola?”

Come osserva acutamente la dottoressa Brené Brown nel suo libro Daring Greatly, La vulnerabilità è la culla dell’innovazione, della creatività e del cambiamento. Eppure, quanti di noi si nascondono dietro l’aspettativa della perfezione altrui, evitando di mostrare le proprie imperfezioni come se fossero la peste del XXI secolo?

La Dott.sa Brown ci racconta di Larry, 40 anni, eterno Peter Pan in cerca della sua Wendy ideale. “Voglio una donna che cucini come uno chef stellato, abbia la pazienza di un santo e l’aspetto di una modella”, le disse durante una sessione. Quando gli chiese cosa avesse da offrire in cambio, rimase in silenzio per diversi minuti. “Un bel sorriso?”, azzardò infine, insicuro.

Ah, l’economia dell’amore: cerchiamo di acquistare un’isola caraibica offrendo in cambio un secchiello da spiaggia.

Il paradosso è evidente: cerchiamo la perfezione in un altro essere umano, dimenticando che noi stessi siamo meravigliosamente imperfetti. Come sottolinea il dottor John Gottman, rinomato esperto di relazioni, nel suo libro The Seven Principles for Making Marriage Work, “Il segreto di una relazione duratura non è trovare la persona perfetta, ma imparare ad apprezzare in modo perfetto una persona imperfetta”. In altre parole, invece di cercare il principe azzurro, potremmo provare a diventare degli “apprezzatori professionisti” di imperfezioni.

Ma c’è di più. L’idea che in una relazione si debba contribuire al 50% è tanto diffusa quanto fuorviante. Non si tratta di dividere equamente ogni compito, ma di creare un equilibrio dinamico dove entrambi i partner si sentono valorizzati e supportati.

Come osserva saggiamente la dottoressa Sue Johnson nel suo Hold Me Tight, L’amore non è solo un sentimento, è un verbo d’azione. Non si tratta solo di cosa riceviamo, ma di cosa siamo disposti a dare. E no, un bel musino non è sufficiente, a meno che non stiate cercando di vincere un concorso di bellezza per coppie (che mi risulta non esistere… ancora).

La psicologa Carol Dweck, nel suo rivoluzionario lavoro sulla “mentalità di crescita”, suggerisce che il vero segreto di una relazione di successo non sia tanto la compatibilità iniziale, quanto la volontà di entrambi i partner di crescere e evolversi insieme. In altre parole, invece di cercare il principe azzurro già perfetto, potremmo cercare qualcuno disposto a frequentare con noi l’università della vita, dove il corso principale è “Imperfezioni personali for Dummies”.

Dopotutto, come osservò una volta il filosofo Slavoj Žižek, “L’amore è malattia nella salute, disturbo nella normalità”. Quindi, la prossima volta che vi troverete a cercare il principe o la principessa azzurra, ricordatevi: forse quello che vi serve è solo un partner con cui riuscire ad essere meravigliosamente, autenticamente imperfetti insieme.

Il Principe Azzurro nell’Era Digitale

Nell’era di Tinder, il principe azzurro si cerca attraverso lo swipe ossessivo e il cavallo bianco è sostituito da un’auto di lusso in foto profilo.

Come osserva brillantemente la sociologa Jess Carbino, ex data scientist di Tinder, le app di dating non hanno creato la ricerca del partner ideale, l’hanno solo gamificata. In altre parole, abbiamo trasformato la ricerca dell’anima gemella nel gioco di Candy Crush, dove ogni match è una caramella e il principe azzurro è il livello impossibile da sbloccare.

Gli utilizzatori più assidui hanno spesso l’impressione che ci sia sempre qualcuno di meglio dietro l’angolo. E’ il famoso FOMO (Fear Of Missing Out) applicato all’amore.

La dottoressa Sherry Turkle, nel suo illuminante libro “Alone Together”, mette in guardia sul paradosso delle connessioni digitali: più connessi che mai, eppure spesso più soli.

Ma non è tutto per forza negativo nel regno digitale dell’amore: se volete approfondire abbiamo scritto un articolo sul tema App di Dating: solo swipe, match & ghost?

Anche il famoso “ghosting”, può essere considerato l’equivalente moderno della principessa che fugge a mezzanotte, ma senza lasciare nemmeno una scarpetta di cristallo. Su questo tema avete già letto il nostro articolo Relazioni tossiche dopo i 40? Smaschera il/la partner narcisista e riprendi il controllo della tua vita! ?

Nell’era dei filtri Instagram e dei profili curati, forse il vero principe (o principessa) azzurro è quello che ha il coraggio di mostrarsi per quello che è, swipe dopo swipe, emoji dopo emoji.

Superare la Sindrome: strategie e consigli (o come smettere di cercare il Principe Azzurro e iniziare a vivere)

Eccoci qui, cari lettori, al momento della verità. Avete capito di soffrire della Sindrome del Principe Azzurro e ora vi state chiedendo: “E adesso? Devo rassegnarmi a una vita di appuntamenti con rospi?”. Tranquilli, c’è speranza. Ecco alcune strategie per disintossicarsi dal mito del partner perfetto, senza per questo rinunciare all’amore.

1. Abbassate l’asticella… ma non troppo

Come suggerisce la psicologa Esther Perel nel suo libro “The State of Affairs”, “La perfezione è il nemico del buono”. Non stiamo dicendo di affatto di accontentarvi del primo che passa, ma di essere realistici. In fondo, anche voi non siete perfetti (shock!), quindi perché pretenderlo dal partner?

2. Fate un “detox” dalle commedie romantiche

Lo psicologo Bjarne M. Holmes, nel suo studio “Romance Media and Relationship Destiny“, ha dimostrato come l’esposizione eccessiva a narrazioni romantiche irrealistiche possa influenzare negativamente le nostre aspettative relazionali. Quindi, per ogni “Notting Hill” che guardate, compensate con un documentario sulla vita delle formiche (in questo modo la vostra visione dell’amore diventerà molto più… terrena).

3. Praticate l’auto-compassione

La dottoressa Kristin Neff, pioniera degli studi sull’auto-compassione, suggerisce di trattare noi stessi con la stessa gentilezza che riserveremmo a un amico. Invece di flagellarvi per non aver ancora trovato “quello giusto”, congratulatevi per aver evitato relazioni sbagliate.

4. Adottate una “growth mindset”

La psicologa Carol Dweck, nel suo lavoro sulla mentalità di crescita, suggerisce di vedere le relazioni non come un test da superare, ma come un’opportunità di crescita. Invece di chiedervi “È la persona giusta per me?”, provate con “Sto imparando qualcosa da questa relazione? Mi aiuta a crescere oltre a farmi stare bene?”.

5. Praticate la mindfulness nelle relazioni

Jon Kabat-Zinn, guru della mindfulness, ci insegna l’importanza di vivere nel presente. Applicate questo principio alle vostre relazioni. Invece di proiettare fantasie future su ogni nuovo partner (“Sarà il padre/la madre dei miei figli?”), concentratevi sul momento presente. È un “Carpe Diem” relazionale.

6. Ricordate: la perfezione è noiosa

Come osserva lo psicologo Dan Ariely nel suo libro “The Upside of Irrationality“, le imperfezioni sono ciò che rende interessanti le persone. Pensateci: volete davvero passare la vita con qualcuno che non ha mai un capello fuori posto, non fa mai una gaffe, non ha mai un momento di debolezza?

7. Fate un inventario dei vostri “punti verdi”

John Gottman suggerisce di concentrarsi sui “punti verdi” di una relazione, ovvero gli aspetti positivi, invece che ossessionarsi sui “punti rossi”. (a questo proposito avete già letto il nostro articolo Navigare nelle tempeste coniugali: lezioni dal Love Lab di Gottman ?)

8. Ricordate: l’amore è un verbo

Come dice sapientemente la psicologa Sue Johnson, “L’amore non è un sentimento, è un’azione”. Invece di aspettare passivamente che il principe azzurro vi salvi, iniziate a “fare” amore. No, non in quel senso (anche se potrebbe aiutare). Praticate atti di gentilezza, compassione, comprensione. È come se steste creando il vostro personale “Campo magnetico d’amore”: attirerete persone che apprezzano queste qualità.

Conclusione

Cari lettori, siamo giunti alla fine del nostro viaggio nel regno incantato (e a volte maledetto) del Principe Azzurro.

Cosa ci rimane dopo questo viaggio? Forse la consapevolezza che il vero “happily ever after” non è trovare il principe o la principessa perfetta, ma imparare ad amare e ad essere amati nella nostra splendida imperfezione. Come disse una volta il poeta Rumi: “Il tuo compito non è cercare l’amore, ma semplicemente cercare e trovare tutte le barriere dentro di te che hai costruito contro di esso”.

Dopotutto, come disse Oscar Wilde: Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo.


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