Allora, hai finalmente deciso.
Dopo mesi (anni?) di “ma no, dai, ce la possiamo fare”, “proviamo ancora un po’” e “non posso fare questo ai miei figli”… visto che le cose non si aggiustano da sole, sei arrivato/a alla conclusione che sì, è ora di separarsi. Congratulazioni per aver accettato la realtà!
Adesso però arriva il momento che fa tremare anche il genitore più coraggioso: dire ai figli che mamma e papà non vivranno più insieme. Ed ecco che inizia il panico: “Come glielo dico? Quando? Che parole uso? E se piangono? E se mi odiano per sempre?”
Davvero pensi che ci sia una formula magica? Spoiler: no. Ma ci sono modi migliori (e peggiori) di affrontarla.
Prima di tutto, respira. Lo so, sembra una di quelle conversazioni impossibili tipo “spiegare come nascono i bambini senza incoraggiare a fare sesso” o “perché la Juventus vince sempre” (questa forse non più), ma ovviamente non sei il primo genitore nella storia dell’umanità a trovarsi in questa situazione.
Una premessa importante (e un po’ di onestà)
Prima di continuare, devo essere onesto con te: non sono qui per fare il guru della genitorialità perfetta. Non ho ricette magiche, non sono uno psicologo e, soprattutto, non sono un modello genitoriale da seguire. Anch’io ho commesso (e continuo a commettere) un sacco di errori con i miei figli, e probabilmente ne commetterò ancora.
Quello che posso offrirti è quello che ho imparato leggendo tanto, confrontandomi con esperti e sbagliando parecchio lungo il percorso. Considera questo articolo come una chiacchierata tra genitori che si trovano nella stessa barca, dove uno ha semplicemente avuto il tempo (e la curiosità) di approfondire cosa dicono gli studi sull’argomento.
Se trovi qualcosa di utile, fantastico. Se pensi che per la tua situazione servano strategie diverse, hai probabilmente ragione. Ogni famiglia è unica, e quello che funziona per una potrebbe non funzionare per un’altra.
Alcuni dati
In Italia, secondo l’ISTAT, ci sono più di 3 milioni di famiglie con un solo genitore, di cui 1,4 milioni sono solo le coppie che si sono separate dal 2009 ad oggi. Tradotto: sei in ottima compagnia.
Il problema? Sembra che la maggior parte di noi l’abbia gestita non proprio benissimo.
Nessuno nasce imparato su come annunciare ai propri figli che la famiglia come la conoscevano sta per cambiare. E talvolta si finisce per dire la prima cosa che sembra sensata, o magari a dare la comunicazione è il/la proprio/a ex in un momento di rabbia!, con il risultato di creare più confusione che chiarezza.
I dati suggeriscono che i figli dei separati italiani sono tra i più infelici d’Europa. Secondo le ricerche, non è tanto per la separazione in sé, ma appunto per come viene gestita (e soprattutto per come viene comunicata).
Il problema non è che mamma e papà vivano in due case diverse: è quando quelle due case diventano due trincee. Quello che conta davvero pare essere come si gestisce tutto il processo, a partire proprio da quella prima, fondamentale conversazione.
Secondo le ricerche della Dr.ssa Lisa Herrick, specializzata in terapia familiare oltre il 75% dei genitori che si separano parla ai figli di questo cambiamento familiare per meno di dieci minuti in totale. Dieci minuti. Per una delle conversazioni più importanti della loro vita. Meno tempo di quanto ne serve per ordinare la pizza.
Forse questo spiega perché i bambini non se la passano benissimo in queste situazioni…
In questo articolo cercheremo di riassumere quello che la ricerca scientifica sembra aver scoperto su come affrontare questa benedetta conversazione nel modo migliore. Perché sì, pare che ci sia un approccio più efficace. E no, sembra che non sia così impossibile come appare.
Cosa dicono gli studi (e perché potrebbe valere la pena ascoltarli)
Prima di buttarci a capofitto nel “cosa dire e come dirlo”, parliamo di un aspetto che per molti sembra difficile da accettare: gli studi convergono: non è la separazione a lasciare cicatrici, ma il grado di conflitto che i bambini respirano giorno dopo giorno.
Tradotto in parole povere: se tu e il tuo ex continuerete a farvi la guerra anche dopo la separazione, i vostri figli probabilmente staranno peggio di quanto starebbero se rimaneste insieme ma continuaste a litigarvi addosso ogni santo giorno. Della conflittualità familiare abbiamo già parlato in molte occasioni ma mi sembra importante riprendere il concetto.
La buona notizia nascosta nei dati
Secondo uno vastissimo studio pubblicato nel World Psychiatry del 2019, la maggior parte dei bambini i cui genitori si separano sembra essere resiliente e non mostra problemi psicologici evidenti: Robert Emery e Erin Horn (Uni Virginia), hanno analizzato tre decenni di ricerche internazionali su oltre 100.000 bambini. Il loro verdetto suggerisce che circa il 75-80% dei figli di divorziati non presenta disturbi clinicamente significativi.
Sì, hai letto bene: 3 bambini su 4 se la cavano benissimo. Quindi smettiamola di raccontarci che i figli del divorzio finiscono tutti sul lettino dello psicologo a disegnare case spezzate e cuori infranti. La verità è che, nella maggior parte dei casi, i bambini si adattano e tornano a vivere una vita normale. Il problema è che queste storie non fanno notizia: nessuno scrive titoli tipo “Bambino cresce sano e felice nonostante la separazione dei genitori.” È più facile vendere il dramma.
La formula magica: La separazione intelligente
Sembra semplice a dirsi, un po’ meno a farsi.
L’Encyclopedia on Early Childhood Development, nella sua analisi del 2019, identifica tre fattori chiave che sembrano fare la differenza:
- Il grado e la durata del conflitto (meno litigi = bambini più sereni)
- La qualità della genitorialità nel tempo (continuare a essere bravi genitori anche da separati)
- La qualità della relazione genitore-figlio (l’amore e l’attenzione non vanno in pensione con il matrimonio)
Il New Beginnings Project, uno studio clinico randomizzato condotto dall’Università dell’Arizona su 2400 famiglie divorziate, ha dimostrato che quando i genitori mantengono alta la qualità di questi tre fattori, i bambini mostrano livelli di adattamento psicologico praticamente identici a quelli dei coetanei con genitori non divorziati.
Si tratta di fattori tutti sotto il tuo controllo! Non dipendono dal destino, dalla sfiga o dalle fasi lunari. Dipendano da te (da voi) e dalle scelte che fate.
Ecco perché potrebbe essere importante capire bene come gestire quel primo, cruciale momento: quando dici ai tuoi figli che le cose stanno per cambiare. Perché da lì in poi, tutto quello che farai probabilmente sarà influenzato da come hai impostato quella conversazione.
Il timing che gli esperti suggeriscono: quando dire ai figli che vi separate
Allora, hai deciso che è arrivato il momento. La valigia è pronta (metaforicamente parlando), hai trovato casa, l’avvocato è contattato. Ora arriva la domanda da un milione di euro: quando diavolo glielo dici?
Troppo presto, rischi di creare ansia inutile (“Ma quindi papà se ne va tra tre mesi? Può essere che cambi idea?”). Troppo tardi, i tuoi figli potrebbero sentirsi presi in giro (“Come, hai già trovato casa e stai traslocando domani? Ma quando pensavi di dirmelo?”).
Spoiler: non serve un Gantt con tutti i passaggi di avvicinamento. Le ricerche sembrano suggerire che due-tre settimane prima della separazione effettiva siano il periodo giusto. Non è un numero buttato lì a caso, eh. È il risultato di uno studio condotto dalla Dr.ssa Lisa Herrick: i bambini informati 2-3 settimane prima mostravano livelli di ansia del 40% inferiori rispetto a quelli informati troppo presto (oltre un mese prima) o troppo tardi (meno di una settimana prima).
Il venerdì sembra essere il tuo migliore amico
E già che ci siamo, anche il giorno della settimana pare che conti. Una ricerca del 2021 condotta dal Justice Department canadese su 350 famiglie ha mostrato che i bambini informati nel weekend avevano tempi di elaborazione del 25% più rapidi e mostravano meno problemi comportamentali a scuola nella settimana successiva.
Perché? Semplice: i bambini avranno il fine settimana per fare domande, piangere, elaborare, senza la pressione della scuola o delle attività quotidiane.
Altri suggerimenti per il timing dal mondo della ricerca:
- E’ sconsigliabile subito prima di andare a letto. A meno che tu non voglia passare la notte a gestire incubi e risvegli traumatici.
- Meglio non raccontarlo prima che voi genitori dovete scappare al lavoro. “Ah, volevo dirti che ci separiamo. Però adesso devo correre in ufficio: ne parliamo stasera” Non è esattamente il massimo dell’empatia.
- Sembra scontato, ma consigliano di non farlo durante eventi importanti come compleanni, recite scolastiche, partite importanti. I bambini hanno il diritto di godersi i loro momenti speciali senza il peso di questa notizia.
“Ma io ancora non ho deciso tutto…”
Ecco una delle scuse più comuni: “Non posso dirglielo ancora, non abbiamo deciso dove andrò a vivere/come funzioneranno le visite/chi paga cosa”.
Stop. Fermati un attimo.
Il Dr. Robert Emery dell’Università della Virginia, nel suo studio longitudinale su 1.400 famiglie, ha scoperto che i bambini che ricevevano informazioni complete ma graduali mostravano migliori capacità di adattamento rispetto a quelli che dovevano aspettare il “pacchetto completo”.
Rilassati, non serve che prepari un excel che contenga visite/casa/pagamenti. Pare che abbiano bisogno di sapere che mamma e papà non vivranno più insieme, che li amerete sempre entrambi, e che alcune cose cambieranno ma voi ci penserete insieme a come gestirle.
Gli esperti suggeriscono che non devi avere tutte le risposte prima di iniziare la conversazione. Anzi, sembra che sia normale e umano dire “Ancora non lo sappiamo, ma appena lo decidiamo te lo diciamo”. Le ricerche indicano che i bambini apprezzano l’onestà molto più delle bugie rassicuranti.
Il pericolo del “aspettiamo ancora un po’”
Attenzione alla sindrome del “aspettiamo ancora un po’”. So che può essere tentante rimandare questa conversazione – chi ha voglia di vedere i propri figli soffrire? – ma più aspetti, più rischi di complicare le cose.
Uno studio del 2018 pubblicato su Family Relations e condotto da Christine Carter dell’Università della California ha monitorato 180 bambini per sei mesi. Il risultato? I bambini che vivevano in case con “tensione non dichiarata” mostravano livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) del 60% più alti rispetto a quelli i cui genitori avevano comunicato apertamente la situazione.
Insomma, meglio un colpo secco che vivere mesi come in un film horror con la colonna sonora di sottofondo e il mostro che non arriva mai.
Le ricerche suggeriscono che i bambini, anche i più piccoli, percepiscono quando c’è tensione in casa. Non sottovalutare la loro sensibilità: credetemi, se tra voi è già gelo, loro lo sanno.
Davvero credi che non abbiano notato che vi parlate solo di bollette e spesa e che dormite in camere diverse? Non illuderti di essere il/la grande regista che nasconde la trama. Loro hanno già visto il trailer… e stanno solo aspettando la scena madre.
Gli studi suggeriscono: i bambini sanno già più di quanto immagini
E infatti gli studi confermano che i bambini capiscono molto prima di quanto pensiamo. Anche senza avere le parole giuste, sentono che qualcosa non va. E sai cosa succede spesso quando finalmente glielo dite? Ti guardano e pensano: ‘Ah, ecco! Lo sapevo.’ Paradossalmente, spesso per loro è un sollievo: la verità dà un nome a sensazioni che già stavano vivendo in silenzio.
Quindi no, probabilmente non li stai traumatizzando dal nulla. Sembra che li stia aiutando a dare un senso a sensazioni che avevano già.
Cosa dire per ogni età
Ovviamente, non puoi usare lo stesso discorso per tuo figlio di 4 anni e per tua figlia di 16. Il cervello di un bambino di 3 anni funziona diversamente da quello di un adolescente, e quello che tranquillizza un piccolo può confondere un grande, e viceversa.
Decenni di ricerche in psicologia dello sviluppo sembrano averci dato una mappa abbastanza precisa di come i bambini di diverse età elaborano l’informazione della separazione. Pare che non dovrai improvvisare.
Due regole d’oro che gli esperti suggeriscono per tutte le età
- Rassicurare sull’amore incondizionato: Tutti gli studi concordano che la paura più grande di un bambino (a qualsiasi età) è “se mamma e papà non si amano più, smetteranno di amare anche me?” La risposta deve essere sempre la stessa: il vostro amore per loro non è negoziabile e non finirà mai.
- Essere onesti ma appropriati: Gli esperti suggeriscono di dire sempre la verità, ma calibrata sull’età. Un bambino di 4 anni ha bisogno di informazioni diverse da un ragazzo di 14, anche se il messaggio di base è lo stesso.
Piccole differenze tra maschi e femmine
Le ricerche non indicano approcci comunicativi radicalmente diversi per maschi e femmine della stessa età. L’età sembra essere il fattore più determinante per calibrare il messaggio. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che i maschi potrebbero aver bisogno di rassicurazioni extra sul mantenimento del rapporto con il padre (dato che tradizionalmente i padri passano più tempo con i figli maschi), mentre le femmine potrebbero beneficiare di maggiore supporto nell’elaborazione emotiva a lungo termine. Ma queste sono sfumature, non differenze sostanziali nell’approccio iniziale.
Ora espandi la sezione che ti interessa in base all’età dei tuoi figli:
Pausa tecnica (prima di proseguire)
Ok, respiriamo. Ti ho appena tirato addosso mezzo manuale di psicologia, condito con qualche statistica da Guinness dei primati. Ma se devo lasciarti con tre messaggi chiave sono questi:
✅ Non è il divorzio che rovina i figli, ma come lo gestiamo noi genitori. Quindi smettiamola di raccontarci che “poverini, finiranno tutti sul lettino dello psicologo”: la scienza dice l’opposto, e dipende molto più da noi che dal tribunale.
✅I tuoi figli hanno bisogno di amore e chiarezza, non di favole consolatorie. Non serve inventarsi spiegazioni creative tipo “papà va a vivere in un castello lontano” o “mamma ha bisogno di ritrovare se stessa con un viaggio spirituale in India”. Serve dire la verità, calibrata sulla loro età, e ripeterla finché non diventa una base sicura.
✅ Dirlo bene è difficile, ma rimandare è peggio. Perché i tuoi figli lo sentono, eccome se lo sentono. E vivere nell’incertezza logora più della notizia stessa. Davvero pensi che non abbiano notato che da mesi non vi parlate più a cena?
Ecco, se porti a casa queste tre cose sei già avanti al 90% dei genitori italiani.
Nel prossimo episodio (tranquillo, non è una serie Netflix che si allunga a stagioni infinite) parleremo degli errori più comuni, delle strategie a lungo termine e delle risorse pratiche per non navigare a vista.
Nel frattempo, fammi un favore: dimmi qual è la tua paura più grande rispetto a questa conversazione con i tuoi figli. Così la prossima parte sarà costruita anche su quello che davvero vi toglie il sonno, non solo sui dati dei ricercatori.
PS: Se questa prima parte vi è stata utile, condividetela con altri genitori che potrebbero averne bisogno. A volte sapere di non essere soli fa già metà del lavoro.